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Per chi tentasse di avventurarsi oggi nel concetto di “etica” si dovrebbe sorbire 25 secoli di studi filosofici e diverse migliaia di pagine, da Socrate in poi, per farsi una vaga idea del concetto. Eppure si continua imperterriti a porre l’aggettivo di questa parola accanto ai sostantivi più svariati. Ultimo in ordine di tempo è il calcio. Sì, proprio il calcio!
Nell’ascoltare per radio un affermato giornalista della carta stampata parlare di calcio etico ci ha fatto subito associare questo concetto ad un altro espresso, poco tempo fa, dal nostro selezionatore della nazionale di calcio: codice etico.
Se si va, poi, con la mente a ricordare altri concetti analoghi vi troviamo: politica etica, codice etico delle banche, codice etico delle imprese, codice etico delle pubbliche amministrazioni e via dicendo.
In tale labirintico contrapporsi di etiche al servizio ora di questa e domani dell’altra tesi, spesso in contraddizione fra loro, notiamo come la deformazione costante e continua della lingua italiana piegata a fini di parte abbia, ormai, preso il totale sopravvento. E sì che qui facciamo riferimento solo al significato linguistico. Se, poi, ci si inoltrasse più coerentemente sull’aspetto filosofico della questione troveremmo annientate e/o capovolte molte delle tesi filosofiche degli ultimi 2.000 anni a cui il termine fa effettivamente riferimento.
Per rimanere, per ora, solo al livello calcistico possiamo evidenziare come il codice etico introdotto dal commissario tecnico della nazionale sia, a dir poco, opinabile. Infatti esso è stato applicato all’ex calciatore della Roma: Osvaldo e non applicato a Balotelli del Milan. I distinguo utilizzati sui due casi sono materia, a dir poco, contorta, opinabile e assai controversa. Inoltre il commissario fa riferimento al codice dell’etica che, di per sé oggettivamente, è un derivato dall’etica e, quindi, non è – per sua stessa ammissione – l’Etica in quanto tale. Nell’affrontare, poi, il concetto di calcio etico del noto giornalista dovremmo aprire, almeno, qualche libro e chiederci se esso non si riferiva più volgarmente al calcio scommesse oppure al razzismo di certe tifoserie. O anche a certi falli fatti e subiti. O peggio ancora alle sviste arbitrali. Per non parlare di coloro che adoperano le mille moviole televisive. O l’azione di fiancheggiamento, se non di aperto conflitto di interesse, da parte di alcune tv e radio, senza dimenticare la carta stampata.
Orbene se da una rapida scorsa nel mondo del pallone si vede che l’etica è difficile da spiegare e da capire, figuriamoci per le cose più serie e ancor più complesse del calcio. Più che a Socrate molti si ispirano al mito della caverna platonica dove l’ombra, l’etica, viene presa per reale e su quell’ombra si costruiscono concetti che divengono dogmi a prescindere dalla loro inessenza.
Appare sempre più evidente come nel nostro Paese, culturalmente disastrato, la necessità di imprimere i una vasta operazione culturale utilizzando, filosoficamente, l’essere e non l’apparire.
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