Mentre ci avviamo alla fine di questo 2010, vogliamo prendere a pretesto la “riforma Gelmini” per la quale si sono organizzate proteste ed occupazioni, che nella maggior parte dei casi esprimevano disagi e paure, quando non tracimavano nella violenza, per tornarci ad occupare di una cosa che a noi sta molto a cuore: i giovani.
La disoccupazione complessiva è all’8,6% ( un punto e mezzo sotto la media europea) ma la disoccupazione giovanile vola al 26,2% (ben sei punti sopra la media europea).
L’aggravante, tutto italiano, è un welfare antiquato che anziché assecondare l’occupazione trasforma il lavoro flessibile in precariato; da questo contesto la paura giovanile e gli slogan: “non rubateci il futuro”.
Un futuro che rischia di non esserci per tanti giovani come per tanti ultra cinquantenni che usciti dal mondo del lavoro, causa crisi, rischiano un futuro da “descocaritas”.
La paura cresce, la situazione congiunturale e la natura strutturale del debito pubblico oltre agli sprechi (vezzo in tutti i settori della pubblica amministrazione, a cui la legge Gelmini cerca di dare una risposta nel settore dell’istruzione), fanno presagire un futuro incerto.
Che fare? Si potrebbe citare il libro di Nicola Rossi “Meno ai padri più ai figli”, sempre che i padri riescano a raggiungere la pensione.
L’impegno nella ricerca di un nuovo sviluppo etico è condizione imprescindibile per evitare un conflitto generazionale e di classe. Davanti alla prospettiva di essere un precario a vita con una pensione che a stento arriverà a ottomila euro annui, lo stesso che oggi alcuni privilegiati prendono ogni mese non si può pretendere l’impassibilità e la rassegnazione. E’ normale che qualcuno alzi la voce (la voce non le mani).
Il sistema così com’è non può reggere. Servono riforme che adeguino al più presto il Paese alle nuove condizioni socioeconomiche prodotte dalla globalizzazione. Assistenza, pensioni, ammortizzatori sociali, formazione permanente, rimodulazione dell’ascensore sociale, accesso al lavoro e ad una casa sono tutti temi che non possono più aspettare.
Certo le riforme penalizzano sempre alcuni privilegiati, i quali strenuamente cercano di bloccarne l’introduzione, e sarebbe così se riguardassero solo una categoria ma se si inizia da una categoria per poi passare alle altre, ognuno di noi riceverebbe molto di più di quanto ha dovuto rinunciare e il sistema ne uscirebbe più virtuoso . Dobbiamo cominciare a ragionare tutti in termine di dare per poter continuare a ricevere. Non possiamo più distribuire la ricchezza che non c’è, dobbiamo prima crearla magari rinunciando a qualcosa ciascuno con le proprie potenzialità.
Il 2010 si sta per chiudere con una riforma, quella universitaria, e anche se alcuni la giudicano insufficiente è comunque un segnale che va nella direzione del rinnovamento. L’augurio è che il nuovo anno inizi continuando in questo percorso che non è solo fare, ma bensì “fare il futuro”, quello che oggi manca!
BUON 2011 A TUTTI !!!