Nel 150-esimo dell'unità d'Italia
Di Faust (del 16/03/2011 @ 13:11:01, in Parliamo di...)
Caro Presidente, le scrivo perché l’Associazione di cui facciamo parte porta il nome più consono a ricordare quanto è all’origine del prossimo 17 marzo, sintetizzabile nello stendardo con la scritta “Dio e Popolo” che riassume il pensiero dei cattolici liberali.
Anche se con la legge 4.761 del 17 marzo 1861 veniva ufficializzata l’unità d’Italia, in verità le date da ricordare e che portarono a tale evento sarebbero tre: 1849 Repubblica Romana; 1860 conseguimento dell’unità d’Italia; 1870 costituzione di Roma Capitale.
Unità oggi sancita nella nostra Costituzione  che tutti invocano, anche con manifestazioni di piazza, tranne poi disattenderla nei fatti.
Prendiamo ad esempio l’Art. 54 che chiude la prima parte della Costituzione fissando per tutti i cittadini il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne Costituzione e leggi ordinarie, tanto più se svolgono funzioni pubbliche per la qual cosa sono tenuti a vincolarsi con giuramento.
Con la seconda parte della Costituzione si scopre l’impianto della Repubblica, quale ordinamento dello Stato-persona ed è bello qui ricordare l’apologo di Menenio Agrippa sul Monte Sacro.
Nel Parlamento che è la testa risiede la funzioni di iniziativa legislativa, esso viene sollecitato dalle membra, che hanno altre funzioni, da qui ne discende, secondo lessico corretto, che l’insieme dei componenti dell’ordine giudiziario, disciplinato dall’Art. 104 della Costituzione, è preposto a garantire l’amministrazione del servizio del giudicare necessario alla vita della collettività, e non è preposta alla formazione delle leggi.
Certo con cinquantamila firme l’associazione magistrati potrebbe presentare una proposta di legge d’iniziativa popolare da depositare in Parlamento, ma non può ricattarlo con minacce di sciopero perché, fare le leggi ordinarie sul sistema giudiziario, nel rispetto dei principi costituzionali è competenza delle Camere. Nè trattasi di disputa economica per il qual caso fu pensato il diritto di sciopero per compensare il minor potere dei lavoratori.
D’altronde la Corte Costituzionale ha già chiarito che lo sciopero politico è consentito qualora “non sia diretto a sovvertire l’ordinamento costituzionale ovvero ad impedire o ostacolare il libero esercizio dei poteri legittimi nei quali si esprime la volontà popolare”.
Altresì stride registrare posizioni negazioniste dell’unità d’Italia in chi è chiamato a rappresentarla, se non altro per coerenza.
Tenere sotto ricatto chi deve, per Costituzione, esprimere la sovranità popolare, è sovversione, poco importa che siano moralisti, censori o autonomisti autoproclamatesi moderni Masaniello.
 
L’auspicio è che con il 17 marzo tutti e ciascuno rientrino nei propri ambiti costituzionali, onorando i 150 anni dell’unità, diversamente presto dovremmo porci la domanda: “Chi ci custodirà dall’attacco dei custodi?”
Buon anniversario a tutti! Viva L’Italia Unita!