Di Alfio Pulvirenti
La rivolta che attualmente sta interessando il Nord Africa potrebbe presto interessare l’intero continente africano. La domanda di libertà e di benessere si sta diffondendo velocemente in tutto il mondo grazie ai mezzi di informazione, primo tra tutti Internet.
E’ dunque naturale che sempre più persone vogliano vivere in Paesi liberi ed esercitare i propri diritti di uomini nati liberi, anche quando le loro condizioni di vita li rendono sottomessi. Prima condizione per essere liberi è l’autosostentamento, perché la democrazia impone dei costi agli individui. Se tutto ciò non è assicurato nel Paese di origine, ondate di migranti sempre più numerose andranno in giro per il mondo alla ricerca di libertà e benessere. E’ la democrazia, bellezza!!
Certo un esodo biblico, in poco tempo, non può essere assorbito e sopportato dai Paesi occidentali… Non è egoismo, ma semplice buon senso pratico: si creerebbe una bomba sociale i cui effetti sarebbero distruttivi per tutti. Pensate a cosa avviene già adesso nella scuola primaria, a quanti bambini figli di operai ed impiegati Italiani restano esclusi dalle graduatorie degli asili o a quante famiglie italiane non fruiscono dell’edilizia popolare per dare la precedenza agli extracomunitari; si potrebbe dire “costruiamo più asili e più case” ma c’è un piccolo problema: la ricchezza prima di distribuirla bisogna crearla.
L’idea di creare condizioni economiche e sociali in questi Paesi tali da bloccare la voglia di emigrare potrebbe essere una valida soluzione, ma ciò comporterebbe la loro inevitabile industrializzazione e quindi la conseguente loro domanda di materiale energetico disponibile in loco.
Per troppo tempo noi occidentali siamo stati gli unici consumatori delle fonti energetiche: oggi dobbiamo già condividerle con Cina, India, Brasile e da domani si aggiungeranno tutti quei Paesi che, raggiunta la democrazia, consentiranno la libera impresa e dunque la produzione di beni che per essere realizzati necessitano di energia.
Come sappiamo però le fonti energetiche sono quelle e solo quelle (ci si riferisce a petrolio e carbone) e non sono in crescita, anzi in diminuzione. La torta resta la stessa, ma se aumentano i commensali le fette sono più piccole e costano di più.
La nostra democrazia dunque passa attraverso la possibilità di disporre di fonti energetiche che consentano la produzione; senza queste e non potendo autosostenerci energeticamente dipenderemmo da altri, e ciò sarebbe la fine della libertà e della democrazia stesse.
Cosa succederebbe se per una crisi o per un qualunque altro motivo da domani non potessimo disporre di energia sufficiente e a prezzi accettabili? Come cambierebbe la qualità della vita quotidiana se ci trovassimo privi all’improvviso (oppure costretti a fruirne con pesanti limitazioni) di illuminazione elettrica, elettrodomestici, riscaldamento, carburante per le auto e gli altri mezzi di trasporto?
Le fonti energetiche alternative, ad oggi, non consentono una produzione continua e sono dipendenti dalle condizioni atmosferiche. Il nucleare non lo vogliamo… ed allora che facciamo?
Siamo alle solite, vorremmo, secondo il detto popolare, la botte piena e la moglie ubriaca; senza neppure darci la briga (sacrosanto dovere prima di formulare giudizi categorici o vincolanti) di riconoscere la nostra ignoranza e di informarci almeno un po’ su costi, aspetti, caratteristiche e conseguenze di ciò che ci sentiamo così pronti ad accettare o a respingere.
Dobbiamo cominciare a convincerci che è ormai necessario ed inderogabile intervenire su due fronti: da un lato bisogna ridurre i consumi eliminando gli sprechi, dall’altro ammettere anche qualche rischio in cambio dell’autosufficienza energetica. L’alternativa non esiste, se vogliamo evitare la paralisi che farebbe scendere anche da noi la gente in piazza.
Assicurare la democrazia anche domani passa attraverso l’autosostentamento energetico, e significa non dover dipendere in toto da altri.