Con l’ultimo Rapporto ISTAT sulla situazione del Paese, presentato alle Camere, ospite il Presidente Napolitano, le prèfiche hanno ripreso fiato.
Occorre innanzi tutto precisare che le contumelie si riferiscono ad un Rapporto di oltre 400 pagine, di cui la sintesi pro stampa è di 25 ; nessuno ha letto le 400 pochi le 25; tutti hanno piluccato evidenziando gli aspetti che facevano comodo alla propria parrocchia.
Ad esempio sullo slogan “una famiglia su quattro a rischio povertà” è dovuto intervenire Enrico Giovannini, Presidente dell’ISTAT, per precisare che l’indicatore di povertà è stabile mentre il 25% si riferisce all’indicatore che somma il rischio povertà al rischio dell’esclusione sociale, dato ottenuto con una metodica scelta dai Governi europei ma non coerente con le stime dell’Istituto.
La crisi planetaria è congiunturale, la smobilitazione e la disaffezione per gli istituti professionali, certo no. Allora capita di leggere, sullo stesso giornale, cose contrastanti: lo stupore per i due milioni di giovani che né studiano, né si professionalizzano, né lavorano e contemporaneamente qualche pagina oltre si riferisce delle scelte sbagliate delle famiglie ossessionate dai Licei e della disillusione degli studenti alla fine del corso di studi che si apprestano ad entrare nel mondo del lavoro. Non trovano lavoro ma si continua ad insistere nel demagogico pro laurea (prevalentemente umanistica) in definitiva pro “colletti bianchi” mentre settori produttivi continuano a registrare un deficit tra domanda ed offerta, salvo poi scoprire che esistono elettricisti, idraulici, carrozzieri, meccanici e simili che svolgono l’attività come secondo lavoro, in nero, con la complicità di padroncini evasori.
Il Rapporto prende le mosse dagli ultimi dieci anni e considera la fotografia degli ultimi tre; su quanto siamo stati cicale; di come spesso abbiamo comportamenti consumistici non in linea con il reddito personale nessuno dice niente. Si tace anche sul calo del risparmio che prima le famiglie formica riuscivano a fare mentre, oggi, sia per il minor potere d’acquisto sia perché uno Stato cicala che elargiva a piene mani prestazioni gratuite non consente più quei risparmi grazie al maggior controllo sull’evasione e sulle prestazioni, obbligando le famiglie a provvedere direttamente
E’ ancora il Presidente Giovannini che ha chiarito ai giornalisti i quali hanno portato l’opinione pubblica a concentrarsi su un indicatore di tendenza piuttosto che sul livello, ed ha ricordato che la stabilità degli indicatori riguardanti i giovani si deve alla politica che, salvaguardando il lavoro dei genitori e la ricchezza delle famiglie, ha compensato la perdita di opportunità di lavoro per i giovani.
Il rischio è che questa politica porta inevitabilmente e giustamente, i giovani a diventare: “indignatos”.
La prerogativa che un circuito positivo: istruzione, ricerca, impresa, lavoro, resti ancora una speranza per questo Paese, solo quando si realizzerà potremmo finalmente parafrasare tutti insieme il defunto Kennedy: non chiederti cosa l’Italia può fare per te, chiediti cosa tu puoi fare per l’Italia.