Un’amara pagina per la democrazia è stata scritta in questi ultimi giorni quando, a causa dei loro errori, i vari partiti rappresentanti non degni del popolo italiano sono usciti mesti e cupi dalle stanze di Mario Monti dove si erano presentati col cappello in mano per chiedere qualcosa, nella vana speranza di essere ascoltati. Nello specifico analizzando i vari soggetti in campo da una parteci sono i partiti e, dall’altro, il governo. Del PDL non si possono negare i grandi errori compiuti dal 2008 dove era partito con una maggioranza mai vista prima. Orbene, con tale rendita di posizione non ha mosso un dito per più di 3 anni per difendere il Paese da una crisi planetaria confermando, sempre e comunque, che i conti stavano bene. Ha affidato l’economia nazionale nelle mani di Tremonti che ha sempre e solo avuto una concezione ragionieristica delle cose. Non ha saputo ascoltare i mal di pancia che si levavano dal suo interno rompendo, alla fine, con Fini e confondendo fra il concetto di lealtà e di fedeltà verso il leader maximo con un terapeutico accanimento a dare sempre e comunque ragione a Lui, al Cavaliere. Una sterminata compagine di nominati sia a livello nazionale e sia locale che ha battuto, senza partita, i nani e le ballerine della prima repubblica. Laddove avvocati ed aspiranti veline hanno soppiantato definitivamente il concetto di merito e competenze. Per cui al grido di “viva il re” – ad ogni piè sospinto - hanno consegnato l’intera Nazione al possibile disfacimento. Per quanto concerne il PD non ha mai fatto una vera politica, infatti ha fomentato e cavalcato solo le contrapposizioni personali a Berlusconi mettendosi alla testa di un movimento ispirato dal partito vero di riferimento, il quotidiano La Repubblica, e capitanando invettive fine a sé stesse. Senza mai avanzare proposte concrete ed alternative il PD si è lasciato trascinare dal baby pensionato Di Pietro e da presunti comici militanti che, ebbri dei remuneratissimi contratti RAI, davano la linea politica: a morte Berlusconi! Da questo bailamme di novelli guelfi e ghibellini si è sviluppata una non politica fatta e condita di urla, parolacce e volgarità di ogni genere, dalla quale nasceva una presunta nuova classe dirigente capace solo di questo. Se si aggiunge, poi, che la fusione a freddo fra DS e Margherita ha generato la parodia del compromesso storico di Berlinguer e Moro da cui è venuto fuori un misero bonsai in cui convivono anime opposte, il dado è tratto. Di Rutelli c’è poco da dire è passato, in pochi anni, dall’anticlericalismo militante al cattolicesimo praticante e quando è uscito dal PD l’hanno seguito in pochissimi. Da Fini più d’uno aspetta da decenni il salto di qualità che non c’è mai stato dimostrando un’incapacità politica nel non saper dividere il proprio ruolo fra Presidente della Camera e leader politico. Di Casini c’è una certa capacità politica ed istituzionale ma, nel complesso, anche lui ha messo in piedi un partito con due teste una che guarda al PDL e l’altra al PD. Il governo Monti è, quindi, il risultato nefasto a cui si è giunti per l’incapacità di tutti questi signori finora citati che hanno tradito il compito loro assegnato: rappresentare gli italiani. La struttura di questo governo è composta di altri soggetti che nulla hanno a vedere con il popolo elettore. Infatti vi sono rappresentanze a dir poco anomale. C’è di tutto si va, infatti, da Confindustria a Banca Intesa, dalla Federazione Editori ai grandi studi legali e tant’altro ancora dove i conflitti di interesse si appalesano così evidenti che aspettiamo le anime candide Rizzo e Stella, precisi fustigatori dei politici, a vedere se si accorgeranno della trave presente nei loro occhi. Se non l’avessero notato glielo suggeriamo noi sommessamente qualche esempio: controllate la tabella A della Relazione Trimestrale di Cassa al 30 giugno troverete una voce di 15,5 miliardi di euro per trasferimenti alle imprese ed un’altra analoga ci sarà il prossimo 31 dicembre 2011 per un totale di ben 31 miliardi di euro. Se a ciò si unisce la promozione dell’ex controllato, il presidente della Federazione degli Editori, al rango di gestore dei fondi per l’editoria presso Palazzo Chigi pari ad 1 miliardo di euro saremo contenti che gli stipendi ai due bravi giornalisti arriveranno sicuri, ma all’Italia tutta cosa glie ne viene? Perché, poi, non chiudere l’infinito numero di sedi giudiziarie sparse per il Bel Paese che costano centinaia di milioni di euro? Forse perché questo non consentirebbe al giornale di via Solferino di capitanare il partito della gogna mediatica e del giustizialismo? E perché, infine, non agire seriamente sull’immenso popolo del pubblico impiego di cui si stenta a capire il suo spropositato numero? Ed in ultimo perché non cancellare la super casta dell’ordine dei giornalisti organismo esistente solo in Italia?
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