Con l’approssimarsi della fine dell’anno inevitabilmente arriva il tempo dei bilanci, se poi abbiamo a che fare con una società, come la nostra, basata sull’economia questo diventa un fatto ineludibile.
Il 2011, che sta per chiudersi, potremmo definirlo un anno di transizione, è infatti iniziato in un modo e sta per chiudersi in un altro. In quest’anno tutto è cambiato. Tante le novità in economia e nel linguaggio comune, abbiamo familiarizzato anche con un termine come lo spread, tant’è che la fervida fantasia napoletana ne ha acquisito il termine per indicare il botto (illegale) più forte per la fine dell’anno.
Certezze e standard di vita sono stati messi in discussione, governi e regimi sono caduti, fondamentalismi religiosi si sono riaccesi. Un nuovo ordine mondiale si preannuncia ed un’ anticipazione l’abbiamo già avuto dal Natale appena trascorso: come nel romanzo di Dickens, “cantico di Natale”, abbiamo intravisto lo spirito del “Natale futuro” che sarà orribile se continueremo a comportarci come per il passato.
La spirale dell’incertezza è in crescita, le speranze che in passato alimentavano la voglia di farcela si assottigliano, aumenta la diffidenza per l’altro visto sempre più come il nemico interno. Gli indignados, la rivolta dei giovani nel Maghreb, i disordini a Londra o delle banlieue parigine ci dicono che i giovani non credono nella tripla “A” mentre temono l’indefinitezza del loro futuro.
Le soluzioni stentano a venire da un’Europa Stato-egocentrica. La politica è ormai autoreferenziale e i suoi attori squalificati.
“Le idi di marzo”, film in questi giorni nelle sale cinematografiche, racconta una storia di politica americana, comune e riscontrabile in tutto il mondo, che si muove ed è imperniata su due elementi : sesso e ricatto!
Se dunque chi ci governa (qualcuno lo chiama compromesso) è sottoposto al ricatto del momento, che speranze hanno i cittadini di non rappresentare il prezzo dell’intrigo?
Questa politica globale, che ci impoverisce e ci impaurisce, offre una nuova possibilità per dire basta alle soluzioni degli altri. Riprendiamoci in mano il nostro futuro, con la nostra creatività, fantasia, estro. Ricordiamoci chi siamo e da dove veniamo, la nostra storia, in questo centocinquantesimo anniversario, di cosa siamo stati capaci solo perché lo abbiamo voluto.
Allora l’augurio per il nuovo anno è che ognuno ricominci da se stesso, per non dipendere dall’altro (politico di turno), ed insieme mettere una "toppa alla politica".
Spariamo anche noi “o spred” e facciamoci sentire. Le cose devono cambiare! Chi non vuol sentire può anche tornarsene a casa perché non è richiesta la sua presenza.
Auguri a tutti e buon anno!