Da qualche mese la Rai in tutti i programmi e con appositi annunci ci ricorda come il canone è un tributo e va pagato. Sinceramente lo stile di comunicazione più che convincente sembra odioso, specie perché inconsciamente, da chi ascolta, viene messo in relazione a come vengono utilizzati i nostri soldi: dal cachet del predicatore ascetico Celentano, alla trasmissione Caterpillar AM. Uno spazio su Rai TRE all’interno della rubrica di Corradino Mineo dove un certo Marco Ardemagni, formatosi a Radio Popolare, inizialmente interveniva a dare i risultati del sondaggi in diretta, poi gli hanno dato una scrivania con alle spalle una bacheca su cui venivano attaccate le pagine dei giornali, caso strano, l’unica testata che si riusciva a leggere era quella dell’Unità, organo del PD che si intonava benissimo con l'abbigliamento e l'aspetto del povero Ardemagni a ricreare l'atmosfera di una sezione del PCI . Certo, nella comunicazione subliminale hanno un degno maestro come Corradino Mineo che nella sua rassegna stampa posiziona “la Repubblica” sempre sopra gli altri giornali, quando legge i titoli delle altre testate, ogni volta, con nonchalance ricompone la pila riportando “la Repubblica” in primo piano. Che maestro! Adesso evidentemente qualche “illuminato”, fornito di materia grigia, finalmente si è accorto della forzatura, ed ha sostituito la bacheca con un più corretto cartello con scritto “Radio 2”. Insomma non c’è niente di servizio pubblico e la diaspora in questi giorni apertasi sul rinnovo degli incarichi di direzione ne è la riprova, ma questo lo sapevamo già. Trattasi di altra casta che pretende un “tributo” per mantenersi.
Ci siamo voluti documentare sul significato del termine “tributo” e il vocabolario dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana ne da la seguente definizione: taglia imposta con prepotenza. Ora trattandosi di un servizio forse, stando alla stessa fonte, era più appropriato usare il termine di gabella, infatti la definizione che ne da è: imposta o dazio di consumo.
Con i dazi e tributi, noi Italiani ci abbiamo fatto il callo. E’ di questi giorni la notizia secondo la quale se si chiama l’esercito, in caso di calamità non dichiarata dal governo, dobbiamo pagare. Infatti a seguito della riforma della leva non più obbligatoria, il nostro esercito è formato da professionisti, che paghiamo con le nostre tasse, ma se le amministrazioni comunali ne avessero bisogno(per emergenza neve) dovrebbero ripagare con il loro bilanci. Se poi fossero le Regioni a dichiarare lo stato di emergenza, in base al decreto Milleproroghe a pagare saremmo sempre noi, come per le ultime alluvioni, con una nuova accise sulla benzina.
Ora a noi sembra strano pagare per avere un esercito di professionisti, che mandiamo in giro per il mondo a sostenere cause umanitarie ma se il caso umanitario si verifica in casa, come raggiungere un paese isolato dalla neve, dobbiamo ripagare un ulteriore tributo.
Fatto sta che, tributo o gabella, vogliono i nostri soldi per farci quello che vogliono. Evidentemente partiti e politici hanno fatto scuola e gli altri si sono adeguati.