Il comico: coscienza del Paese
Di BlackCat (del 25/04/2012 @ 19:58:48, in Parliamo di...)
Se un comico, il cui compito sarebbe quello di far ridere, diventa il leader carismatico di un movimento politico vuol dire che l’attività politica svolta attualmente fa piangere.
La disperazione che sempre più si diffonde nella società italiana rischia di compromettere definitivamente le nuove generazioni che sempre più vedono il loro futuro fuori dai confini perché convinti che restare e vivere rettamente è inutile.
Quindi perché meravigliarsi se sempre più giovani si ritrovano nei mezzi (blog) e nei temi del predicatore Beppe Grillo?
Se poi costui propone obiettivi non privi di ragionevolezza e di fondatezza, critica la corruzione e invoca il controllo del processo decisionale dal basso, possiamo semplicisticamente definirlo populista? O forse sarebbe il caso di interrogarsi e capire che i comici, con la loro satira, hanno da sempre evidenziato il comune sentire della gente. L’alternativa che, anche i talk show ci propongono, continua ad essere rappresentata da Cicchitto, Mussi, Del Turco, gente nata quando ancora le notizie arrivavano con carrozze trainate da cavalli mentre oggi arrivano per internet. Un tempo siderale è trascorso, in termini tecnologici.
Gli italiani, forse, dopo i politici l’imprenditore carismatico e i tecnici, sono pronti a provare anche con i comici. Con la speranza che facciano meglio per un Paese rappresentato all’estero con  pizza e mandolino.
Saremmo caduti in basso, ma se anche loro fallissero, a quel punto saremmo veramente spacciati.
Quello che diciamo, forse qualcuno ama definirla antipolitica. Non è così. Non siamo contro la politica, semmai contro la cattiva politica, quella che ogni cittadino, che paga le tasse, ha il diritto di criticare.
Vogliamo quindi sperare di non dover far ricorso ad altre professionalità per guidare l’Italia. Vorremmo vedere nascere nuove aggregazioni, anche se federate a livello regionale, formate prevalentemente dai giovani che aprano un laboratorio sulla rete in grado di avanzare proposte da sottoporre al giudizio di tutti. Sarebbe un modo per riaprire il dibattito e quel confronto che una volta si svolgeva nelle sezioni e che oggi partiti, sempre più autoreferenziali, non tengono in conto.
A questo punto, niente impedirebbe a queste nuove formazioni di rendersi candidabili riscuotendo il consenso degli elettori e assistendo all’immissione di facce nuove.
Si aprirebbero porte e finestre per fare entrare aria nuova e salubre in politica, quella che ormai non c’è più nelle chiuse stanze dei partiti. Allora si che potremmo cominciare a sperare in una rinascita.