Per alcuni, la crisi, rappresenta l’occasione da cogliere al volo. Per gli speculatori, ma cosa ancor più grave, per la borghesia mafiosa che, disponendo di una quantità enorme di denaro, vede nella congiuntura, una opportunità per entrare nel capitale di rischio di aziende in difficoltà, magari celandosi dietro fondi di “private equity”.
E’ ormai acclarato che le diverse organizzazioni malavitose hanno la necessità di utilizzare imprenditori collusi i quali con le loro aziende fungano da lavatrici per ripulire i proventi delle attività illecite.
Le mafie (tutte) traggono i loro maggior profitti dal controllo della prostituzione, dal mercato degli stupefacenti e dall’attività estorsiva; settori che non conoscono la crisi e producono un mare di denaro.
La politica delle banche di restringere i finanziamenti alle aziende, in crisi di liquidità, rischia di innescare un effetto domino che sta già mettendo in ginocchio gli imprenditori in difficoltà. Con i crediti bloccati e i rubinetti delle banche chiuse non si hanno quelle risorse per stare correttamente sul mercato o investire per il rilancio delle aziende. In questo contesto una realtà, come quella mafiosa, che dispone enormi serbatoi di denaro trova un’opportunità unica per impossessarsi di aziende anche storiche che una volta ricapitalizzate inquineranno il mercato perché la loro mission più che produrre utili, sarà di riciclare denaro.
Cosi il disperato bisogno di complicità che, le organizzazioni imprenditoriali criminali, avevano della finanza e degli imprenditori viene soddisfatta dalla tempesta finanziaria mondiale.
A facilitare poi il tutto, forse involontariamente, ci ha pensato il legislatore. Dobbiamo fare un piccolo passo indietro e tornare al 2009, quando la crisi iniziava a lumeggiare. Per fare cassa e riportare un po’ di capitali espatriati illegalmente si adotto “lo scudo fiscale”. Non è il caso di avventurasi sul quantum dovessero pagare coloro che intendevano avvalersene, ma sulle modalità certamente si. Passi la non punibilità di alcuni reati tributari, ma l’esonero per banche e istituti finanziari di segnalare operazioni sospette di riciclaggio è stato veramente troppo. Denaro prodotto illecitamente, anche con azioni malavitose, (pecunia non olet) rientrava in perfetto anonimato ed oggi è disponibile per comprare quelle aziende che avevano rispettato le regole e pagato le tasse.
Quello che si preannuncia, passata la crisi, è un mercato falsamente competitivo e monopolizzato specie nei settori dei servizi e della distribuzione, i cui costi ricadranno su noi tutti che inconsapevolmente contribuiremo ad arricchire i boss.
Se non rendiamo conveniente rispettare le regole, la cannibalizzazione è dietro l’angolo, ed è la fine per la maggioranza di questo Paese.