L’Italia si sa è il Paese della moda. La produciamo e la subiamo. In questo caso non è la “moda” in quanto abbigliamento di cui vogliamo parlare, bensì di quel fenomeno che pervade il gregge dei consumatori quando i media esaltano un prodotto, un ritrovato, una località, per poterne fare sfoggio e parlarne, senza nemmeno chiederci se poi ci serve veramente, se è quello che vogliamo o quali siano le implicazioni, acriticamente lo si acquista. Perché?
Perché lo ha detto la televisione!
Trascuriamo il fatto che spesso dietro a queste campagne comunicative si celano enormi interessi economici.
Una delle ultime mode è certamente la “green economy” che sta invadendo anche le nostre campagne trasformandole da rigogliosi vigneti e frutteti in specchi che risputano calore e inquinamento luminoso nell’aria: i pannelli solari.
Grazie anche al generoso contributo statale, in regioni verdi, come le Marche e l’Emilia, i coltivatori stanno espiantando le più faticose colture per la più redditizia e meno faticosa produzione di energia solare.
Qualcuno sostiene che il silicio, di cui sono fatti i pannelli solari, sia l’eternit del XXI secolo. Non lo sappiamo, certo è che ancora nessuno si pone il problema dello smantellamento e dello smaltimento. Non siamo in presenza di rifiuti nucleari a cui abbiamo detto no con un referendum ma certo di rifiuti tossici si tratta.
“Non tutto quello che è rinnovabile è verde” sosteneva Stefano Casertano qualche anno fa, nel suo libro “la guerra del clima”. Provate infatti ad esporvi in modo smodato al sole e a vostre spese vi accorgerete, negli anni, i danni che vi ha causato.
Non amiamo essere “talebani” o depositari di verità, crediamo nella misura e nel buon senso ecco perché siamo costruttivamente scettici verso chi spaccia certezze.
Gli attuali pannelli solari in commercio sono prodotti in tre versioni : silicio mono, polilicristallino ed amorfo. Le prime due versioni sono certamente più efficienti ma più costose, mentre quello amorfo risulta essere più economico ma meno efficiente. A seconda della versione per la loro realizzazione viene utilizzato il tallurio di condmio, una sostanza giudicata tossica e cancerogena a livello europeo, in altri casi sostituito dall’esafluoruso di zolfo, un gas serra tra i più potenti che esistono.
Non è un caso che la Cina sia ormai il maggior produttore mondiale di pannelli solari. Un luogo in cui la filiera industriale non è sottomessa ad alcun accordo internazionale che vieta l’utilizzo di alcune sostanze, ed è alimentata prevalentemente a carbone contribuendo significativamente alle emissioni causa principale del mutamento climatico.
Avere un pannello fotovoltaico sopra la testa realizzato in Cina con materiali economici, sicuramente parzialmente tossici, non corrisponde propriamente all’idea di “green economy” che ci è stata spacciata,da alcuni talebani, in questi anni.
Chi si occupa dunque della sostenibilità dei pannelli solari?