Il vecchio detto molto in uso in Sicilia mi è tornato in mente leggendo due articoli, lo scorso sabato, sul Corriere della Sera. Uno di Federico Fubini, l’altro di (come ama definirsi) “uno dei quattro gatti liberali rimasti”, Piero Ostellino.
Fubini ci fa conoscere una figura che esiste solo negli Stati Uniti: i fact-checkers. Questi sconosciuti personaggi che normalmente occupano i piani bassi dei grandi giornali, con stipendi medi, separati dai giornalisti svolgono in effetti una funzione importantissima: verificare ogni affermazione o dato riportato nell’articolo e obbligare l’autore a correggere se quanto scritto non corrisponda a verità. La loro rilevanza è crescente, più di un opion leader. La loro venuta alla ribalta è arrivata l’altra notte dopo il confronto televisivo fra Obama e Romney . Uno vero esercito di controllori è sceso in campo, ed addirittura sul web veniva proposto il video del dibattito con i sottotitoli che riportavano il resoconto dei fact-checkers su quanto veniva detto; cioè se rispondeva a vero quanto veniva detto o se veniva promesso l’impossibile.
BELLISSIMO!!!! Ogni democrazia che vuole definirsi tale, nell’era della comunicazione globale, dovrebbe dotarsene.
Pensate se la figura fosse introdotta nel nostro Paese? Con tutte le “palle” che raccontano i nostri politici avemmo la necessità di un esercito di fact-checkers ed avremmo, così, risolto il problema della disoccupazione giovanile e noi ci troveremmo con qualche osso rotto in meno.
Il “maestro” (in senso liberale) Ostellino invece affronta il caso Sallusti e nello specifico la distinzione tra informazione e diffamazione. Nel caso in questione, accertato che di diffamazione si è trattato, non ne condivide la condanna a 14 mesi di carcere, retaggio di leggi fasciste e nuove leggi illiberali. A suo avviso sarebbe stata più giusta una condanna sul piano civilistico con relativo risarcimento economico ed un smentita sullo stesso giornale.
Chiaramente fa scalpore una condanna alla carcerazione per un direttore di giornale quando gli autori di reati che destano allarme sociale non vengono nemmeno portati in giudizio. Ma a nostro avviso il punto è un altro ed per questo che non concordiamo con Ostellino.
Può essere sufficiente una smentita con un trafiletto in una qualunque pagina del giornale a riparare la notizia diffamatoria apparsa con enfasi qualche giorno prima? Siamo sicuri che tutti coloro che avevano letto la notizia, poi leggeranno la smentita? Inevitabile per la vittima uscirne con qualche osso spezzato che difficilmente si rinsalderà. Ma si potrà dire beh c’è sempre il risarcimento economico. Con un piccolo particolare, che i risarcimenti in Italia non sono come quelli degli Stati Uniti, dove mentire o essere reticenti o addirittura calunniare è punito pesantemente specie se ha ruoli apicali. Ecco perché gli editori avvertono la necessità di dotarsi dei fact-checkers che gli fanno risparmiare risarcimenti milionari.
Se il buon Sallusti fosse passato al loro vaglio non sarebbe incorso nel reato di diffamazione. In Italia, come è noto, spesso l’informazione è formazione indirizzata ora ad un credo, ora ad una causa, sempre più spesso a tutelare interessi economici. Se poi tutto ciò provoca vittime o lascia gente con le ossa rotte che importa? Tanto in Italia i fact- checkers non esistono e quindi nessuno può impedire che la realtà venga distorta senza essere svergognato.