Le ultime consultazioni in Sicilia avrebbero dovuto far riflettere profondamente le tradizionali forze politiche se non altro per il malcontento manifestatosi con il diffuso astensionismo che ha esautorato dalla rappresentanza molti dei politici di lungo corso ed ha decretato l’affermazione del Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo.
Invece il segnale, anche se è stato forte e chiaro, è passato come acqua fresca. Invece di pensare a come recuperare il consenso ci si è concentrati su come limitare i danni del dissenso, magari con una legge elettorale fatta su misura.
Alcuni dei più “avveduti” politici hanno capito quale è ormai il livello di disgusto e discredito della classe politica e con un bon gest annunciano di non ricandidarsi, altri più furbescamente restano border line come a dire “vai avanti tu che a me viene da ridere”.
Per un Grillo o un Montezemolo (e non se ne escludono altri) che immaginano di indossare i panni del “padre nobile” delle nuove forze politiche vi è un Veltroni, un D’Alema ed altri ne seguiranno, che pensano sia meglio passare la mano, poi si vedrà.
Ad incrementare il risiko, i sommovimenti del centro destra che, dopo anni in cui ha predicato il rassemblement di tutte le forze moderate liberali e la creazione di due grandi schieramenti sul modello americano, oggi si avvia ad uno “spezzatino” nel tentativo di mettere in campo più candidati per limitare i danni di un possibile risultato elettorale troppo severo.
Ma in questo quadro quale autorevolezza potrà avere il futuro Premier quando dovrà impegnarsi con i suoi colleghi a livello internazionale?
Se prima doveva rapportarsi con il solo Parlamento adesso non sarà sufficiente, si dovrà attendere la risposta dei vari “guru” esterni, ognuno dei quali cercherà di detenere la golden share sull’operato del futuro governo.
Lo scenario non sarebbe completo senza il mondo della finanza che nonostante sia ben rappresentata dentro e fuori del palazzo, non sarà in grado di tranquillizzare i mercati, che di un quadro così instabile si spaventeranno e non apprezzeranno, ed il rischio concreto sarà di vanificare i sacrifici a cui ci siamo sottoposti sino ad oggi.
Il futuro Parlamento sarà dunque ancor più un consesso di interessi personali e non, ha dunque senso continuare a dire che esso rappresenta la volontà popolare?
Noi crediamo di no e al contrario del grande De Filippo che sosteneva che la notte doveva pur passare, abbiamo il timore che presto dovremmo dire: “Chi mala nuttata!”