Giù la maschera! L’approssimarsi della consultazione elettorale, in Italia equivale alla fine di una rappresentazione teatrale. Gli attori ad uno ad uno escono da dietro le quinte e si presentano sul palcoscenico, tolgono la maschera aspettando la loro porzione d’applausi.
Cosi capita che nel loro excursus, di magistrati, alcuni di costoro fanno di tutto per farsi notare, stare sotto i riflettori, diventare idoli alla ricerca di fans, magari spettacolarizzando l’inchiesta che spesso approda ad un nulla di fatto, pur di cominciare a farsi la campagna elettorale a spese del contribuente. La qual cosa mal si concilia con la discrezione e la riservatezza che dovrebbe caratterizzare chi è chiamato a giudicare suoi simili.
Da magistrati magari, si dichiarano “partigiani della Costituzione”, salvo poi contestare la Consulta definendo “una sentenza politica” il pronunciamento della Corte Costituzionale se si permette di rigettare la loro tesi.
Sono una categoria molto pericolosa che, come qualcuno in passato ha già avuto modo di notare, nel giudicare non vogliono applicare la legge, ma fare giustizia.
Se la legge non gli va bene allora scendono (e non salgono) in politica, anzi si fanno un partito tutto loro.
Alcuni più equilibrati preferiscono entrare in grandi partiti e provare a rivoluzionare la giustizia dopo aver usato l’accortezza di lasciare per sempre la magistratura. Anche in questo caso nel comune cittadino rimangono delle perplessità. Lo hanno fatto, come ricordava qualche giorno fa Mons. Forte, per il bene comune con sacrificio e rischio di perdita personale e al servizio di tutti o a promozione dei propri interessi, magari per avere una seconda pensione? E poi sapere che qualcuno dichiara di essere stato sempre di un certo orientamento politico fermo restando l’indipendenza di giudizio tranquillizza i tanti cittadini destinatari delle loro sentenze?
E’ più che naturale una certa dietrologia che fa rileggere dichiarazioni, prese di posizioni da chi recitava la parte del magistrato super partes. Siamo uomini e come tali fallibili con passioni, interessi, idee, convincimenti che non possono non influenzare giudizi e decisioni.
Nel Paese della privacy che non consente la pubblicazione di una foto dove è presente un minore, eleggere persone che per la loro attività professionale godono di informazioni riservate, dando per scontato la loro indipendenza di giudizio, non è il massimo della democrazia.
Negli Stati Uniti i giudici vengono eletti dal popolo, in Italia lo diventano per concorso, però in compenso li eleggiamo al parlamento.
Una vera riforma della giustizia e delle sue lungaggini è quello che serve veramente, portata avanti da una nuova classe dirigente che non miri a durare ma a governare.
Purtroppo da noi, negli ultimi anni, è sembrato prevalere il gioco dei costumi: a seconda della parte che il mestierante vuole recitare indossa l’abito di scena per declamarne la parte, anche pensandola diversamente.
Il calvinismo che fortemente ha influenzato la cultura anglosassone e specialmente quella degli USA, dà un’enorme importanza ai comportamenti personali nell’etica non ritenendoli come una questione di morale personale ma bensì attenenti alla vita pubblica. Ad esempio mentire o non pagare le tasse non riguarda il singolo ma distrugge la coesione della Comunità ed è per questo che ogni forma di corruzione viene severamente punita e mentire comporta le dimissioni del soggetto che ricopre un ruolo di riferimento per altri cittadini.
Nel nostro Paese invece si continua ad enunciare senza incidere nella vita reale e “il partito del fare” resta un miraggio.