Non sappiamo a quanti sarà capitato di assistere ad uno di quegli spettacoli che ancora si rappresentano in alcuni paesi della Sicilia, specie nelle ricorrenze della festività del Santo Patrono: l’opera dei pupi
Una molto rappresentata è “Orlando e Rinaldo”.
Più che la storia, sufficientemente conosciuta dai più, quello su cui vogliamo soffermarci è la modalità con cui si svolge: un’infinita tenzone tra i due.
Marionette, appese ad un filo, si muovono come dentro un grande televisore, di quelli molto grandi al plasma, tanto in voga oggi.
I protagonisti dopo un brevissimo approccio verbale, in cui l’uno accusa l’altro di un qualcosa (non importa cosa), non trovano migliore soluzione che passare subito ai fatti e allora giù mazzate e sciabolate con finte spade di latta, che creano un gran fracasso, un rumore sordo, falso e fastidioso tipico dello sbattere della latta che nulla ha a che vedere con il tintinnio limpido che si sente se invece a incrociarsi fossero spade in acciaio.
Naturalmente a questo punto il dialogo passa in secondo piano, tant’è il frastuono. Assume rilevanza la sola rappresentazione del un falso duello perché, anche se non si capisce perfettamente quello che dicono i contendenti, raggiunge il suo scopo: far schierare gli spettatori.
Assistere oggi ad un dibattito politico non è molto differente. Fateci caso, si mandano a dibattere i più polemici e caciaroni, allo scopo di alzare un polverone per il finto “duello” condito da una sequela d’accuse più o meno vere tanto non importa è lo spettacolo che conta.
Recitano la parte del copione imparato a memoria, nella speranza di acquisire nuovi supporter, anche se usano parole vuote che una volta emesse, hanno il suono della latta.
Mai un ragionamento seguito da una proposta circostanziata con costi, benefici e relativa tempistica di attuazione, al massimo viene fornita qualche enunciazione della serie chi la spara più grossa. Stanno lì come i bambini con il centimetro in mano a misurarne le dimensioni.
Tutto scorre sulle reciproche delegittimazioni, il futuro non esiste è solo il passato sul quale si discute e il giudizio a cui si è chiamati, pur ipotecando il futuro, è per il passato.
Perché nessuno viene e dice: non voglio parlare di quello che ha fatto tizio piuttosto che caio, ma di quello che voglio fare io, come voglio farlo e in quanto tempo.
Forse perché costoro vogliono continuare a comportarsi come nel passato per il nostro futuro?