Come ben sanno e ci ricordano, quanti studiano la storia e la geopolitica, le guerre, che notoriamente sono il proseguimento di una diplomazia fallimentare, hanno due cause: una apparente e formale che possiamo chiamare “pretesto” ed un’altra concreta che definiamo “reale”. La prima si presenta come “causa nobile”, la seconda, spesso inconfessabile, è economica, egoistica e di potere.
Nell’ultimo cinquantennio lo scoppio dei diversi conflitti è stato determinato per l’accaparramento di fonti energetiche necessarie o di materie prime indispensabili; in alcuni casi per ottenere una dominanza ed avere un mercato di sbocco dove imporre i propri prodotti.
L’iniziativa solitaria della Francia con il suo intervento nel Mali, sembra rispondere all’esigenza, di Hollande, per proteggere le miniere di uranio al confine con il Niger. Come in precedenza aveva fatto il suo predecessore, Sarkozy, in Libia per potersi accaparrare una quota di petrolio di quel Paese, non essendo riuscito a blandire il dittatore libico quando questo fece visita all’Eliseo nonostante che gli fosse stato consentito di piantare la sua tenda nei giardini del palazzo. Ognuno individua i propri interessi particolari in un contesto che vede un’Europa silente ed impegnata a discutere su chi deve ritirare il “Nobel” per la Pace, capace solo di ipotizzare soluzioni di utilitaristica convenienza ma non di una vera politica estera.
A 50 anni dal Trattato dell’Eliseo tra Adenauer e de Gaulle, Germania e Francia ne festeggiano la ricorrenza ma si scoprono spesso in disaccordo su passaggi fondamentali di politica economica e politica estera, mancando quel processo di sintesi europea.
Vi è dunque un’esigenza di reperire risorse energetiche e nuovi mercati per tutti gli Stati europei. Un mercato energetico globale a cui poter attingere, commisurato alla quota con cui ciascuno contribuisce ai costi dell’unione e consentire, dunque, all’economia dei singoli Stati di competere alla pari.
Senza un’Europa capace di elaborare una politica estera di medio lungo periodo e di vasto respiro per farci avere un ruolo nel Mediterraneo, naturale sbocco dei commerci e delle fonti energetiche, ognuno continuerà ad arrangiarsi come può, accrescendo nei cittadini europei quei sentimenti di fastidio per i costi e l’inutilità politica dello stare insieme.
In un’Europa degli egoismi dove l’Inghilterra gioca a sfasciare tutto ciò che si costruisce oltre Manica, l’Italia si fa male da sola:
- No TAV a nord
- No ponte sullo stretto a sud
- No nucleare in casa (si a quello francese al confine con la Val d’Aosta
- No rigassificatore a Trieste
- No al carbone mediante estrazione ecocompatibile
- Siii.. all’antieuropeismo di maniera utopistico ed impraticabile di Lega, Sel e Movimento 5 Stelle, in attesa dei rinforzi che a breve gli verranno dal magistrato d’assalto rivoluzionario neofita della politica.