Mentre attendiamo con ansia il “dies irae” di domani, non possiamo fare a meno di ricordare un altro 18 aprile, quello del 1948. In quell’occasione la neonata DC migliorava il risultato ottenuto due anni prima, nell’elezione dell’Assemblea Costituente, e vinceva la competizione per Camera e Senato battendo la coalizione della sinistra formata da PCI e PSI.
In quella occasione la DC, pur avendo la maggioranza assoluta dei seggi, chiamo a far parte del governo altre forze politiche ed insieme diedero inizio alla ricostruzione di un Paese che, uscito dalla guerra, in pochi anni realizzava quello che tutti conoscono come il “miracolo economico”.
Esattamente quello che la maggioranza degli italiani, almeno stando ai sondaggi, si augura oggi a cominciare dalla scelta del nuovo Capo dello Stato.
Noi siamo fiduciosi, anzi pensiamo che questo sarà il primo passo per qualcosa di molto più concreto. L’istinto di sopravvivenza prevarrà e per una volta l’interesse del Paese, avere un governo forte, coinciderà con quello dei capipartito.
Tornare alle urne senza aver fatto praticamente NULLA esalterebbe quel montante sentimento di antipolitica, con il conseguente an plein dei grillini e similari alle prossime consultazioni.
Siamo, inoltre, convinti che Bersani ha capito molto bene: se dovesse cedere il passo a Renzi la sua parabola si esaurirebbe definitivamente.
Berlusconi sa bene che, tornare a votare con questa legge elettorale e in competizione con Renzi, rischia il pensionamento.
Ambedue i leader hanno nemici comuni: Renzi e l’inoperosità. Per riscattarsi delle cose fatte e non fatte, a danno dei cittadini, esiste solo quel sentiero stretto di cui ha parlato Bersani e che si chiama: riforme condivise, politiche per il lavoro, tassazione umana, soppressione dei privilegi.
Solo così potranno cercare di far dimenticare agli Italiani i danni causati in questi anni e auto conservarsi.