All’inizio del mese un articolo pubblicato su questo sito a firma di Lupoalfeo dal titolo “
Il nome che manca” aveva suscitato un certo dibattito e qualche critica. Ci conforta, a distanza di venti giorni, constatare come quello che ritenevamo una risorsa è diventata una diga al populismo mediatico di una falsa ed elitaria democrazia internauta.
L’insipienza dei politici, la guerra civile permanente, alimentata da rancori e desideri di rivincita, hanno portato il Paese in un cul de sac .
Una classe politica settaria è cresciuta allattandosi alla mammella del sospetto e arroccata in una autistica visione che ha fatto , della soppressione del competitor, il suo progetto politico. La rappresentazione come un minus antropologico dell’avversario, al solo fine di perseguire interessi carrieristici e del partito piuttosto che del Paese. Una politica urlata e imperniata sulla delegittimazione militante, iniettata per anni ai propri supporters come quella che si ritrova nella curva di uno stadio di calcio, piuttosto di quella che si trova in una sana competizione di rugby, era il concentrato dei grandi elettori che dovevano eleggere il nuovo Capo dello Stato.
Tutto ciò ha determinato uno stallo senza via d’uscita che è stato riversato contemporaneamente nell’imbuto elettorale lo scorso 18 aprile. Il Parlamento non è stato in grado di ingurgitare il tutto e ha dovuto riconoscere la propria incapacità ricorrendo all’unica risorsa ancora disponibile: il Presidente Giorgio Napolitano. Una persona che, nell’ormai lungo percorso politico, si è caratterizzato per la sue capacità di apripista e pontiere, con in dote una pragmatica visione politica.
La sua riconferma è stata avversata da un manipolo di parlamentari, appecoronati alla rete, che proponevano il Prof. Rodotà. Sostenitori che, l’esimio professore, fino a poco tempo prima non esitava a definire populisti del 3° millennio.
Quello che ci preme rilevare è la diversa visione che hanno delle Istituzioni e del loro uso il Professore e il Presidente, al di la delle tante contraddizioni su cui gli assertori del rinnovamento hanno dribblato nel proporre Rodotà, come le tre pensioni che percepisce o la sua organicità con il sistema di governance del Paese.
Appena Napolitano ha sciolto la riserva ed ha accettato la candidatura per un nuovo mandato, Grillo, ignorando quanto stabilisce l’art. 87 della Costituzione, si è premurato di dichiarare che era in atto un golpe e bisognava rispondere con una marcia su Roma. Tutti erano a conoscenza dell’avversità di Napolitano ad una sua riconferma e al desiderio, vista l’età, di godersi gli affetti e i frutti del suo lavoro, ma davanti al grido d’aiuto, in presenza dello stato comatoso della politica, da servitore dei cittadini ha risposto: presente! Anteponendo così il Paese alla sua persona.
Nel caso del Prof. Rodotà, alle dichiarazioni di Grillo anziché dissociarsi immediatamente e ritirare la propria candidatura ha fatto seguire un silenzio assordante, sciolto solo a risultato acquisito con Napolitano rieletto, aspettando di capire la sua sorte personale per fare quello che sarebbe stato il normale comportamento di chi si dichiara un democratico cultore del parlamentarismo. L’abbiamo scampata bella!
A questo punto ci auguriamo che il Presidente passi alla storia non per essere il primo ad essere rieletto ma bensì per essere il primo ad aver rappacificato il Paese dando corso al dialogo democratico nel supremo interesse della collettività.
E’ nella pace che si può costruire un futuro per i nostri figli, dunque: si alla pace,basta con la guerra civile! Per dirla con un nostro motto: Se guardo indietro non ho voglia di andare avanti, ma se guardo avanti ho voglia di andare oltre !