Il grande male dell’Italia si è sempre detto che è l’evasione. Il fenomeno è certamente rilevante e ormai, secondo un rapporto della Corte dei Conti, tocca i 180 miliardi.
Poi quel richiamo fatto da Papa Francesco, sul “pane sporco”, ci ha ricordato l’altro grande problema che frena questo Paese: la corruzione!
Si calcola che in Europa è di 120 miliardi e di questi sembra che 60 facciano capo all’Italia.
In tema di evasione che, brandito dai “moralizzatori” di turno, rappresenta la piaga delle nostre entrate e quindi la causa di una tassazione tra le più alte del mondo, poco si fa. Al di fuori di quei controlli affidati alle Fiamme Gialle, non si è mai voluto risolvere alla radice il problema introducendo il sano principio del conflitto tra contribuenti. Il concetto è semplice ed ormai datato, basterebbe consentire di dedurre, dal proprio reddito e su cui si pagano le tasse, tutte le spese sostenute e documentate da scontrini o fatture.
Senza questa riforma non debelleremo mai il fenomeno. Resteremo tutti un po’ evasori quando dovendo pagare il dentista o l’idraulico questi ci fanno risparmiare l’IVA. Mentre a costoro come evadere i controlli sugli introiti che non potrebbero documentare viene in aiuto il web. Esiste un vero mercato dell’evasione fiscale pilotata, tutto alla luce del sole e maledettamente semplice. Collegandosi a: www.paradisi-fiscali.com viene offerto un servizio “all inclusive” per costituire una società offschore alla modica cifra di 960,00 euro.
Se dunque il problema evasione è già di per se un danno allo sviluppo perché non consente di abbassare le tasse e fare investimenti, l’aggiunta della corruzione, al sistema Paese, ne diventa un moltiplicatore.
Lo ricordava il Procuratore generale della Corte dei Conti, Furio Pasqualucci:” l’incidenza delle tangenti è tale da far più che ragionevolmente temere che il suo impatto sociale possa incidere sullo sviluppo economico del Paese”.
Uno studio della Cgia di Mestre ha calcolato che, sul piano delle infrastrutture strategiche (2013 – 2015) varato da governo Monti, le tangenti peserebbero per 93 miliardi di euro pari a sei punti del Pil. Questo spiega come mai nel 2012 ci siamo ritrovati al 72° posto della lista dei Paesi più virtuosi, sotto il Ghana.
Non c’è da meravigliarsi se la corruzione dilaga, è un reato le cui pene previste sono irrisorie, normalmente due anni (nel 98% dei casi), negli Usa arrivano a 14. Inoltre è poco perseguito, basta guardare le tabelle del Ministero della Giustizia, esse dimostrano la sconfitta nel contrastare il fenomeno: le condanne per corruzione dal 1966 al 2006 sono passati da 1.159 a 182.
Scrivere un nome, anziché un altro su un foglio che riporta in alto una di queste diciture: contratto, consulenza, convenzione, appalto in cambio di denaro o altra “utilità” comporta un rischio basso, l’utilità è enorme. Il Risultato è che il 10% delle gare pubbliche è viziato e lo sanno bene gli investitori, specie quelli stranieri che si allontanano dal nostro Paese in particolare dalle regioni del centro-sud, considerate tra le 172 regioni europee più corrotte, stando al grafico dell’istituto “Qualiity of Government”.
Rimane l’economia sporca disposta ad investire, con qualità infima.
La corruzione è un peso enorme, una tassa occulta che pagano tutti i cittadini, dopa il mercato, frena gli investimenti.
Resta un mistero del perché cittadini “sensibili” ai rincari ed “indignati” dalle inchieste non si rivoltano, sapendo che il fenomeno incide circa per 5 mila euro annui a famiglia, molto più dei rincari di gas e luce che oscillano tra i 50 e i 100 euro.
Rassegnati accettano un sistema in cui un italiano su otto si vede rivolgere una domanda più o meno velata di tangente. Il dubbio allora diventa irrefrenabile e la domanda sale alle labbra: lo Stato ci ha reso tutti “tangentari”?