Le feste non ancora concluse stanno scivolando via sottotono. D’altronde c’è poco da festeggiare. L’opulenza del passato per molto tempo sarà un ricordo da raccontare ai più piccini. L’atmosfera andando in giro non era certo quella degli anni scorsi. Pochi addobbi, poche persone in giro a fare compere, niente traffico impazzito con macchine piene di cesti natalizi da consegnare. Anche i fastidiosi messaggini “predefiniti” che arrivavano sul telefonino con il classico copia e incolla a tutti i contatti della rubrica e ai quali eri costretto a rispondere con frasi fatte, dal momento che non sapevi cosa dire quando ne arrivava qualcuno che sembrava copiato da un trattato di poesia del “dolce stil novo”, sono drasticamente diminuiti. Ma cosa è successo? Niente, si fa per dire. Siamo in un periodo che la maggior parte di noi non ha, grazie a Dio, conosciuto: il dopoguerra! La paura e l’incertezza è tanta, ma soprattutto è la speranza che non c’è più. Ce l’hanno tolta.
L’innamoramento per Segni che dopo aver lapidato la DC se ne fa suo “buon samaritano”, che delusione! Ci siamo aggrappati alla speranza che la tradizionale cultura austroungarica nella pubblica amministrazione, propugnata dalla Lega, potesse moralizzare la politica dei palazzi. La speranza si è esaurita con il loro arrivo. Gli è bastato accomodarsi a tavola e “Roma ladrona” è diventata “Roma Magnona”. Forse, per cambiare, serviva un po’ di sano giustizialismo ed ecco farsi avanti il “manettaro” Di Pietro, il quale andava in giro chiedendo mandati per gli altri fino al momento in cui si scopre che il suo movimento era diventato un covo che dava esilio a quelli che lui voleva in galera.
Eppure ci doveva pur essere qualcuno capace di rendere più liberale questo Paese, al passo con i tempi: Silvio. Sostenuto con i numeri e con la maggioranza per governare, della grande rivoluzione liberale che si era impegnato a fare ci ha restituito, a suo modello, un Paese solo più libertino.
Quando non ne puoi più, sei disposto dare fiducia anche ai “grilli parlanti” e se non bastasse anche alle “forche” e ai “forconi”, purché qualcosa cambi in questo Paese che non merita di essere più vessato da queste mignatte.
E’ questo che ha tolto la speranza e il sorriso agli italiani. La delusione per tante fregature prese, la mancanza di un futuro, di una prospettiva, in un Paese di santi non sapere a che santo rivolgersi. Ed è difficile far tornare la fiducia e il sorriso quando la crisi ha fatto scivolare nell’indigenza molte famiglie di quel ceto medio che è stato inghiottito e che inevitabilmente ha scaricato le conseguenze su chi stava peggio e oggi sta alla fame. Non è antipolitica quella che c’è negli italiani, ma rabbia per aver ricevuto, dai governanti, un comportamento che non meritavano. Profondamente ingiusto e antidemocratico.
Ripartire in questo 2014, appena iniziato, non sarà facile se non buttiamo via tutto il vecchiume che c’è in tutti i campi. Abbiamo bisogno di rinnovamento, di tuffarci in un futuro che è il “presente” negli altri Paesi. Ma per fare questo abbiamo bisogno di salvare un sostantivo del passato, ormai desueto: serietà! Dobbiamo però attingere al passato remoto e non al passato prossimo.
Serietà nella politica. Serietà nella scuola. Serietà nella giustizia, Serietà nel lavoro. Serietà nella comunicazione. Serietà negli impegni presi.
Ed è per questo che abbiamo molto apprezzato, il giorno dopo capodanno, che Renzi abbia subito fatto una proposta per le riforme indicando anche i tempi entro cui farla.
Che dire speriamo che sia il “santo” giusto a cui votarsi o votare.