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Alle Fonti Dell'Articolo 18 e Dintorni
Di Maradona (del 23/03/2012 @ 08:45:37, in Parliamo di...)
La prima cosa che si notava entrando nella sede del Partito Socialista Italiano in via del Corso 476 a Roma, proprio lì dove il custode Giorgio qualche volta ti chiedeva le generalità, c’era il manifesto del Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo del 1901 con la scritta: “Da una parte sola. Dalla parte dei lavoratori”. Firmato, Giacomo Brodolini. Per i tanti falsi ed inventati padri dello Statuto dei lavoratori quest’oggi facciamo, una volta per tutte, chiarezza su chi fu il vero artefice dell’impalcatura dei diritti dei lavoratori tutti. Diritti che, fino alla fine degli anni ’60, venivano violentemente e sagacemente violati e che spesso, duole dirlo, erano combattuti e contrastati con lesioni fisiche nei confronti di chi protestava.
Giacomo Brodolini fu nel 1968 il Ministro del lavoro nel secondo governo Rumor al quale si devono, pur nel breve periodo del suo dicastero, una serie di riforme concrete in difesa dei diritti dei lavoratori. In soli sei mesi di governo riuscì ad avviare una serie di riforme sociali fondamentali ed ancora oggi in vigore:
- il superamento delle "gabbie salariali"
- la prima organica riforma previdenziale
- provvedimenti di riforma del collocamento (per abolire il sistema del "caporalato")
- il risanamento del sistema mutualistico
- lo statuto dei diritti dei lavoratori.
Questo socialista che aveva fatto il sindacalista con Di Vittorio fino al 1960 era diventato un dirigente del PSI e ne aveva fatto tutta la trafila, fino a diventare vice segretario del nuovo partito socialista nato dalla riunificazione del PSI e del PSDI. L’unica sua sconfitta fu quella di non poter firmare il provvedimento a cui aveva tanto lavorato perché un male incurabile se lo portò via e, degnamente, lo sostituì Carlo Donat Cattin che con rinnovato impegno lo portò all’approvazione.
Oggi che tanto si parla e, soprattutto, tanto si sparla dell’articolo 18 come totem di una mistificante liturgia che confonde i più e non educa nessuno siamo qui, come sempre, con alcuni articoli per fare chiarezza sul tema. E, per fare chiarezza, non si può non incominciare col dire che gli apparenti difensori di oggi non sono altro che quelli, soprattutto a sinistra, che nel 1970 si opposero all’approvazione dello Statuto dei lavoratori votando contro o, nel migliore dei casi, astenendosi.
Precisato ciò è bene anche ricordare che l’articolo 18 si incastrava in una serie di norme ed articoli fatte da Brodolini per cui c’era una visione organica d’insieme e non c’era solo quell’articolo con niente intorno. Inoltre non si deve dimenticare il contesto storico politico nel quale si era e che determinava risposte forti ad uno strapotere confindustriale che, in buona parte, dettava l’agenda al partito democristiano al centro del governo di tutto nel Paese. All’esterno vi era un incondizionato appoggio e sostegno dell’allora partito liberale che, con Malagodi, si intestardì in una difesa a senso unico dei datori di lavoro tutti mentre quello inglese e quello tedesco avevano, da anni, aperto ad un civile confronto coi lavoratori e che avevano portato alla cogestione in Germania federale ed al rilancio economico della Gran Bretagna. La semplice logica della super produttività, dei bassi salari italiani e del copiare molto da marchi affermati nel mondo era prevalentemente questo il segreto del boom economico nostrano. Gli imprenditori non capirono che soltanto alzando i redditi reali si sarebbe dato una spinta importante sulla domanda interna ed il rilancio doveva passare attraverso la difesa dei diritti individuali e collettivi dei lavoratori. Ma a sinistra (leggi PCI) non vedevano di buon occhio un sano realismo, riformista e gradualista, di crescita economica e civile. Infatti i comunisti promettevano il l’utopico sogno della Citta del Sole. Ovvero la proiezione onirica, in terra, della felicità meglio noto come il mondo dei sogni.
La cosa più divertente ed amara fu che la stessa Confindustria, guidata dall’avvocato Giovanni Agnelli sottoscrisse, appena 5 anni dopo nel 1975, il patto sul punto unico della scala mobile col recupero quasi integrale sul tasso d’inflazione la qual cosa contribuì a far schizzare a livelli incredibili l’inflazione dell’Italia. Strano. I socialisti puntarono sulle regole civili per i lavoratori e Confindustria si oppose con tutti i mezzi e, dopo appena 5 anni, concesse sul piano economico quello che nessun Paese serio ed onesto avrebbe mai dovuto concedere il punto unico di scala mobile. Fu l’inizio dell’ufficializzazione della nascita del consociativismo più sfrenato…………….. (Continua)
Conoscere la storia delle cose aiuta a capire meglio il presente. Bravi!
Di
cip&ciop
(inviato il 23/03/2012 @ 16:58:30)
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