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Dentro un tunnel sempre più nero
Di zia Manu (del 12/04/2012 @ 12:36:53, in Parliamo di...)

Il 3 febbraio 1998 un velivolo militare americano, eccessivamente basso e veloce durante un volo addestrativo, tranciò incidentalmente i cavi della funivia del Cermìs provocando la caduta della cabina in transito e la morte di venti persone. Nessuna delle scusanti addotte dal pilota era valida per giustificare una condotta tanto azzardata e incosciente, unica responsabile di un omicidio plurimo, sia pure involontario: nell’evidenza dei fatti però la magistratura italiana dovette sottostare alla normativa internazionale applicabile all’episodio, ed i due responsabili vennero affidati prontamente alla giustizia del loro Paese, tanto eccezionalmente mite nelle pene inflitte ai colpevoli quanto eccezionalmente tarda nei rimborsi alle famiglie delle vittime. Tutto si può imputare agli americani, fuorché di lasciare i loro connazionali in balia dei tribunali stranieri: e la cosa è ancor più palese se pensiamo alla mobilitazione ed alle ingerenze della diplomazia USA –invadente e addirittura irritante- nel caso di Amanda Knox, forse non assassina ma certamente ambigua, bugiarda, tossicodipendente e un po’ pervertita, accompagnata da personale diplomatico statunitense fino alla scaletta dell’aereo che l’ha rimpatriata.

Si tratta di situazioni estreme, di casi che hanno scosso l’opinione pubblica, ma proprio per questo stride ancora di più il confronto con ciò che sta accadendo in queste settimane ai due militari italiani prigionieri in India: le prove della loro colpevolezza vengono vagliate unilateralmente, la loro interpretazione è ovviamente negativa, la discrezionalità della magistratura indiana nel trattare il loro caso è assoluta e totale. Da un lato sono seguiti dalla sincera, ma purtroppo inutile, solidarietà di una parte dell’Italia, dai cittadini (militari e non) che si appuntano il fiocchetto giallo e partecipano alle manifestazioni di protesta; dall’altro sono ormai calati in un copione che pare già deciso, avviati lungo un itinerario predeterminato che li ha definiti probabilmente già colpevoli. Quante mancanze in tutto il pregresso, che mala gestione da parte nostra…

Stupisce anzitutto la leggerezza con cui la petroliera Enrica Lexie è stata autorizzata ad entrare in acque territoriali indiane, credendo ad un invito alla collaborazione rivelatosi poi il trabocchetto per bloccare la nave ed arrestare i due fucilieri; chiunque dall’Italia abbia dato l’assenso ha peccato per eccesso di fiducia, un errore imperdonabile specialmente da parte di chi eserciti funzioni di comando. E poi meraviglia la pacatezza con cui il governo italiano accompagna, anzi accetta con rassegnata superiorità l’evolversi della situazione gestita soltanto da mani altrui. Nessuna ritorsione diplomatica, nessuna contromisura in settori laterali, come ad esempio il turismo, il commercio o ancor meglio l’immigrazione, nessun segnale forte…. Solo le notarelle di protesta, la cui efficacia concreta è paragonabile a quella delle coccardine gialle: praticamente nulla. E’ quasi come se ci fossimo imposti di non giocare scorretto nei confronti di chi scorrettamente ha attirato la nave dove poteva essere intercettabile, scorrettamente continua a tenerla bloccata, scorrettamente esclude qualsiasi nostra partecipazione attiva alle verifiche tecniche su cui viene imbastita l’istruttoria. Ma dove sta scritto che dobbiamo indossare per forza questa maschera di impassibile bon ton che sa di menefreghismo fariseo?

Altrettanto catastrofico sarà il risultato della condotta consigliata ai due imputati, cioè il rifiuto di rispondere all’autorità giudiziaria indiana: se possono addurre delle motivazioni valide per la loro difesa, perché non devono esternarle liberamente? Il rifiuto della corte locale non solo è controproducente, ma è pure indisponente per chi cerca di interloquire con loro. Che cosa farà l’Italia nei prossimi giorni? Ci prepariamo ad esternare da lontano il nostro rammarico qualora li condannino e qualunque sia l’entità della pena? Perché –e questo va detto in nome del più brutale realismo- l’esito della faccenda è tutto in mano all’India, che può fare dei due nostri soldati tutto quello che le pare.

Che terribile boomerang, che generatore di sfiducia rischia di diventare questa sciagurata vicenda! Sfiducia nella cooperazione internazionale, visto che –a quanto pare- non esiste una normativa universalmente accettata e idonea a coprire tutto il ventaglio delle eventualità nei vari teatri operativi; e sfiducia nella presenza e nell’autorità dello Stato italiano, di cui i militari in missione sono rappresentanti: loro hanno avuto il compito di proteggere le navi dai pirati, con i mezzi a loro disposizione e nei limiti delle loro possibilità, ma l’evidenza dei fatti dimostra che nessuno è in grado di proteggere loro, né tantomeno di prevedere e fronteggiare tutte le problematiche in cui possono incappare nello svolgimento del loro mandato. E non c’è proprio niente di incoraggiante in questa constatazione.

        

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# 1
Sappiamo da tempo quanto sa essere CAINO lo Stato con i suoi servitori
Di  cheimporta  (inviato il 14/04/2012 @ 15:34:26)

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