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La violenza si scatena dove non si sa più parlare  

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Fuori Tutti !!!
Di Maradona (del 02/07/2012 @ 18:57:21, in Parliamo di...)
Sembra proprio che non si salvi nessuno. Le intercettazioni, benedette o maledette, a seconda di chi le subisce variano, come sempre, d’interpretazione. Se sono contro un mio sodale diventano strumentali ed il significato delle parole viene edulcorato se, invece, riguardano un mio avversario il significato ed il peso di esse aumenta a dismisura.
Orbene, sul Fatto Quotidiano del 19 giugno apprendiamo che le intercettazioni della Procura di Palermo provano i contatti tra il consigliere di Napolitano Loris D'Ambrosio, magistrato, e l’on. le Nicola Mancino, ex ministro dell'Interno, ex presidente del Senato, ex vice presidente del CSM e deputato di lungo corso democristiano nella prima repubblica, vivamente preoccupato per l'inchiesta sui rapporti tra Stato e mafia all'epoca delle stragi del 1992 e 1993. Apprendiamo, quindi, che le intercettazioni fra loro sono in totale nove e che dimostrano un certo rapporto di conoscenza fra i due ma che, soprattutto, si evidenziano affermazioni preoccupanti:
Il presidente ha preso a cuore la questione”, “Bisogna intervenire su Pietro Grasso”.
Solo queste due affermazioni equivalgono a dimostrare che i duri e puri intervengono per ottenere qualcosa. Ma che cosa? Per comprendere l’epilogo di siffatta manovra, bisogna leggere le telefonate dell’indagine coordinata dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia assieme ai sostituti Di Matteo, Del Bene e Sava, dalle quali si evince chiaramente che il magistrato collaboratore di Napolitano si offre senza risparmio e spende il nome del presidente. Con il passare dei mesi i discorsi si concentrano sulle preoccupazioni di Mancino, che pensa di essere nel mirino del pm Di Matteo e invoca un intervento del capo della Dna Pietro Grasso sotto la veste del coordinamento. “Io ho visto Grasso in una cerimonia, stava davanti a me. Mi ha detto: Quelli lì (probabilmente i pm della Procura di Palermo, ndr del Fatto) danno solo fastidio. Ma lei lo sa che noi non abbiamo poteri di avocazione ?’” Mancino prosegue: “E io gli ho detto: ‘Ma poteri di coordinamento possono essere sempre esercitati” ”. L’obiettivo di Mancino è estremamente chiaro: convincere il procuratore nazionale antimafia, Grasso, a intervenire sulle procure di Palermo e Caltanissetta per imporre un coordinamento fra esse. Alcuni mesi or sono scrivemmo che Oscar Luigi Scalfaro “da Presidente appena eletto nel 1993 affidò il governo al socialista Amato e il posto di Scotti, ministro degli interni che aveva varato il carcere duro per i mafiosi con l’articolo 41 bis insieme al guardasigilli Claudio Martelli, fu affidato a Nicola Mancino. Dopo questa sostituzione furono revocate più di 300 carcerazioni dure per altrettanti mafiosi ed è emerso solo negli ultimi tempi che, su sua sollecitazione, il vertice dell’Amministrazione penitenziaria fu cambiato. Sul cambio al vertice del sistema carcerario l’ex Segretario generale del Quirinale Gifuni ha riferito alla magistratura inquirente che fu “sostanzialmente deciso nell’accordo tra il ministro Conso, il capo del governo Ciampi ed il presidente Scalfaro”.
A tal riguardo Scalfaro aveva sempre dichiarato di non averne mai saputo nulla di trattative tra lo Stato e la mafia. I pubblici ministeri, a tal proposito, avevano deciso di tornare a riascoltare l’ex capo dello Stato, ma non hanno fatto in tempo. Al generale processo di beatificazione, seguito alla morte di Scalfaro, evidenziammo, certamente in maniera non esaustiva, l’obliquità dell’ex presidente.  Mancino e D’Ambrosio si risentono il 5, il 7 e anche il 12 marzo quando l’ex presidente del Senato chiede a D’Ambrosio: “Veda se Grasso può ascoltare anche me in maniera riservatissima che nessuno sappia niente”. Il 4 aprile il Quirinale scrive al procuratore generale della Cassazione. Fiero di avere fatto il suo compito, il giorno dopo, il 5 aprile, il consigliere del capo dello Stato, Loris D’Ambrosio, legge al testimone (poi indagato per reticenza) la lettera del Quirinale al pg della Cassazione. In questo modo ancora oscuro ma i cui contorni e negative specificità stanno venendo fuori sorse la seconda Repubblica. Nella speranza che il Quirinale intervenga, per fare chiarezza e dare dimostrazione di sensibilità istituzionale, sarebbe opportuno far nascere una Commissione d’indagine parlamentare affinché si chiarisca tutto e chi ha sbagliato paghi. A questo punto non possiamo che gridare: FUORI TUTTI!!!!
        

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