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Io spreco, tu sprechi.... che spreco!!!!
Di zia Manu (del 21/03/2011 @ 19:50:53, in Parliamo di...)
E’ fin troppo facile indignarsi, sia pure con ragioni sacrosante, per gli sprechi “macroscopici” palesati dai mezzi di informazione, senza meditare silenziosamente sugli sprechi privati, nostri, quotidiani. Lasciamo stare i consumi energetici che giornali e televisione ci invitano a ridurre: le luci accese inutilmente, gli elettrodomestici semi vuoti in funzione, il termosifone bollente con le finestre socchiuse, il televisore a palla senza telespettatori; molte altre azioni apparentemente irrilevanti sono fonte di spreco, piccolo ma continuo. E’ uno spreco l’uso dell’auto per gli spostamenti anche minimi, che ci ha tolto l’abitudine salutare dei due passi quotidiani; sono uno spreco i regali spropositati o eccessivi per il loro uso, come il cellulare ultimo grido nelle mani di un ragazzino (che lo perderà o lo romperà quasi sicuramente), le TV in serie per le camere da letto, o i congegni inutili per cui si accumuliamo i punti del supermercato, destinati quasi sempre a finire su un ripiano dello sgabuzzino. Difficilmente poi eliminiamo quello che ormai non ci serve più, mentre continuiamo ad aggiungere materiale per vestirci, per la scuola, per la casa. I vestiti dei bambini che crescono, i giocattoli lasciati in disparte, i vecchi mobili ormai rimpiazzati da arredi nuovi potrebbero essere utili ad altri ma come se tutti, proprio tutti, fossero irrinunciabili ricordi o cimeli preziosi intasano scaffali, soppalchi, ripostigli e cantine: oggetti sprecati in spazi sprecati, difficili da gestire, impossibili da controllare, faticosi da pulire.
E’ uno spreco poi l’acquisto di cibo oltre le nostre capacità di consumo: allettati dalle offerte del supermarket comperiamo alimenti che non riusciamo a smaltire e, fatti salvi i casi in cui il cane o il micio di casa fanno piazza pulita degli avanzi, gettiamo nella pattumiera pane, frutta, pietanze che rimangono nella pentola alla fine del pranzo o della cena. Per non parlare delle mense aziendali e scolastiche: quale educazione può impartire una scuola che, magari proprio in nome del suo livello prestigioso, offra al bambino una quantità di cibo superiore alle sue necessità, tanto da far allineare i piatti ancora quasi pieni sui carrelli che portano via i vassoi?
Cosa accadrebbe se ognuno di noi comprasse soltanto ciò di cui ha davvero bisogno, ed eliminasse il superfluo in modo intelligente, cioè permettendo ad altri di riutilizzarlo? Aumenterebbe il denaro risparmiato, riservato a beni più costosi che, ora come ora, per molti sono irraggiungibili; avrebbe basi più serene, di conseguenza, il benessere del singolo, anche se poi si incepperebbe il meccanismo dell’usa-accantona e ricompra su cui è basato il nostro sistema economico, e chissà come andrebbe a finire.
E cosa accadrebbe se un giorno, come per magia, decidessimo di tagliare anche sugli “sprechi mentali”, cioè sul tempo perduto, votato all’inutilità? Se riducessimo le ore di vita (di vita reale, concreta) buttate nel guardare programmi-spazzatura, o applicandoci a videogiochi imbecilli, o spiando sugli album di Facebook le foto dell’amica dell’amico di qualche lontano parente, o immergendoci nelle futilità altrui fino all’estremo risultato di sapere come è fatta la casa di Pinco Pallino (specie se trattasi di star televisive) e di ignorare nel frattempo cosa c’è nel frigorifero di casa nostra…… come cambierebbe, a quel punto, la nostra vita? Forse migliorerebbe, forse no: anche in questo caso è difficile immaginare dove si andrebbe a parare.
Ma se per qualche motivo grave, improvviso, inevitabile fossimo costretti a riorganizzare la nostra esistenza quotidiana basandola sul solo concreto, sulla necessità di sopperire all’essenziale, quali sarebbero le nostre capacità di reazione, di adattamento, di resistenza? Rispondere a questa domanda, immaginandoci immersi in un mondo diverso insieme con i nostri figli, non è, purtroppo, solo difficile: è anche e soprattutto terribilmente inquietante.
Mai come in questi giorni si parla, per cause di forza maggiore, di fonti energetiche, del loro reperimento, delle problematiche ad esse collegate, del loro impatto ambientale nella buona come nella cattiva sorte; ci si pone davanti agli occhi il costo effettivo della nostra comoda vita, intuiamo drammaticamente che non tutto può sempre andar bene. Le fonti rinnovabili sono un argomento tranquillizzante, ma di quanto cammino , di quanto tempo ci sarà bisogno perché riescano a soddisfare il fabbisogno energetico immenso dell’intera massa umana?
Forse sarebbe opportuno, invece di abbandonarsi al panico, alle proteste senza costrutto o al fatalismo di una strada senza uscita, cominciare a distinguere fra ciò che è superfluo e ciò che è indispensabile, fra ciò che è capriccio e ciò che è esigenza vitale. Limitare l’uso dei beni di consumo, evitare di sciupare ciò di cui disponiamo, ricavare dalle cose tutto ciò che possono offrirci prima di accantonarle è, oltre che un risparmio planetario, anche un modo intelligente di mettere alla prova noi stessi, di dimostrarci che potremmo vivere bene anche senza tanti opcional che, fino a poco tempo fa, consideravamo veri e propri indicatori del nostro status sociale (o , ancor peggio, della nostra validità personale), riuscendo così forse a diminuire anche le insicurezze e le paure che sempre più ci perseguitano. Lo spreco in nome della comodità è un atteggiamento insulso, che non deve più essere la bandiera ostentata del nostro benessere: un benessere che ormai si è rivelato fittizio e vulnerabile e che, nel mondo in cui viviamo ed alla luce dei più recenti avvenimenti,  non potrà certo durare in eterno.  
        

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# 1
Siete tra i pochi che ancora denunciano queste cose bravi.
Il carburante nelle code in città, i condizionatori accesi (perchè manca un semplice interruttore centralizzato) e la carta negli uffici pubblici, il cibo italiano che fà il giro del mondo prima di tornare a tavola (per poi essere anche buttato)....ma quanto puo durare ancora la follia umana?
Di  Anonimo  (inviato il 24/03/2011 @ 12:31:56)
# 2
purtroppo in caso di bisogno ci si adatta e per fortuna si continua a vivere e a sperare di stare meglio . I sogni non si pagano e danno la forza di continuare .
Di  pb  (inviato il 24/03/2011 @ 13:01:57)

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