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Lo stato dell'arte in Italia
Di Maradona (del 27/04/2012 @ 18:48:43, in Parliamo di...)
A novembre scorso, con l’insediamento del governo tecnico di Mario Monti, è stata sancita in modo definitivo la sconfitta storica della politica italiana dopo 20 anni di fallimenti sotto tutte le bandiere che si sono susseguite dal 1993 al 2012. Né vale qui fare la classifica su chi ha fatto peggio o meno peggio: BOCCIATI! Il ventennio folle e negativo ha rappresentato l’inventato bipolarismo come un ring in cui gli sfidanti o presunti tali facevano solo a gara a chi urlasse più forte e più volgarità possibili. Si erano inventati anche un modello, quello concertativo, per cui qualunque cosa si dovesse decidere si apriva un tavolo dove, spesso e per lunghi mesi, si discettava dei brevi cenni sull’universo e dintorni. Conclusioni: nessuna! Decisioni neanche a parlarne! La ritualità concertativa ha regnato sovrana, facendo marcire per 20 anni tutti i grandi temi economici che gli altri Paesi si ponevano e sui quali decidevano. La legittimità delle scelte che in democrazia viene consegnata dal popolo nelle mani degli eletti non è stata mai esercitata, da nessuno. L’unica cosa, sulla quale sono stati tutti omogenei, è stata l’aumento continuo e smisurato della spesa pubblica che è stato scaricato sulle spalle di tutti. In questa lucida e determinata follia di una democrazia della spesa pubblica che ha visto l’allargamento dei cordoni contraendo nuovi debiti c’è stato, e c’è tuttora, anche la perversa volontà accondiscendente dell’elettorato. Certamente non tutto l’elettorato, ma un’alta percentuale di esso ha chiesto e chiede sempre e solo quattrini o prebende per la propria corporazione di appartenenza. Distributori di caramelle, come li ha ben definiti la Fornero.
Nei due campi della politica nostrana non si può non rimarcare che il PD, cui fanno capo gli eredi di una sola parte della sinistra storica italiana il PCI non ha, come ha ben evidenziato Antonio Polito né la cultura, né la forza, né il fegato per affermare e sostenere un punto di vista differente da quello della CGIL. E ciò risulta ancor più evidente dal fatto che un partito, sedicente riformista, non ha portato a casa una riforma che sia una. Qualche tentativo sì c’è stato, ma subito abortito dai mille lacci e lacciuoli interni dettati dalle sue troppe anime. Più che riformisti sono sempre e solo stati convinti assertori di un radicalismo senza se e senza ma. Se a ciò si aggiunge che hanno allevata, cresciuta ed inculcata la bestia dell’antipolitica a partire dal 1992 ora non possono lamentarsi di essere essi stessi divorati dalla bestia, perché la bestia chiede sempre e solo sangue.
Sull’altro lato del tavolo politico il PDL, acefalo e caciarone, si è consumato specchiandosi solo  nell’immagine di Berlusconi che da buon venditore, e non vuole essere un’offesa tutt’altro, aveva attratto a sé gli italiani innovando il linguaggio della comunicazione politica e promettendo, finalmente, quella rivoluzione liberale mai nata nel Paese. Purtroppo, al di là dell’iniziale linguaggio, non c’è stato null’altro. Tranne che all’inizio sono emersi dei presunti dirigenti senza competenze e miranti solo ad irrobustire le pratiche personali. Fino ad arrivare al punto di un codazzo di uomini e donne improponibili che, scelti solo con un sistema oligarchico, hanno dimostrato la corda in tutti i sensi ed in tutti i settori dove venivano cooptati. Sembra paradossale che la critica al comunismo fatta dal cavaliere si appropriasse proprio della caratteristica più leninista: la cooptazione! Fino a farne una legge elettorale.
Dal totale fallimento di questi due soggetti o presunti tali è venuto fuori l’esigenza, purtroppo improcrastinabile per il fallimento in essere dei nostri conti, di chiamare qualcuno alla bisogna perché entrambi i poli non avevano né la capacità e né la forza di decidere, per cui Napolitano chiama Monti.
Cosa sia il governo Monti dovrebbe essere chiaro a tutti è un governo conservatore che non ha intaccato e, pare, non intenda intaccare i veri capisaldi dei nostri problemi. Se lo si guarda con raziocinio e la dovuta freddezza si evidenzia che ha aumentato l’età pensionabile, la qual cosa andava fatta da almeno una dozzina d’anni come avevano già scritto D’Antona e Biagi. Ha innalzato le accise sulla benzina e sulle sigarette consentendo, altresì, ai comuni e alle regioni di aumentare le loro. Ha reintrodotto la tassa sulla prima casa: l’IMU che è molto più alta dell’antica ICI e che, però, va in minima parte ai governi locali. Ha aumentato del 60% le rendite catastali su cui basare tutte le imposte inerenti il patrimonio edilizio. Ha presentato un disegno di legge con una parziale e ridotta riforma sull’intero mercato del lavoro.
Quello che non ha fatto, e sono purtroppo le cose più importanti, stanno sempre lì che continuano a marcire e che quelli che usciranno vincitori dalle prossime urne, a tutti i livelli sia locali che nazionali, ci dovranno mettere per forza mano. Per cui dovranno entrare in campo i capaci ed i coraggiosi di decidere. Nel confermare il carattere esclusivamente conservatore del governo Monti basta elencare alcuni punti dolenti che gravano su tutte le nostre teste:
 
-          MANCATO ATTACCO ALLA RIDUZIONE DEL DEBITO PUBBLICO CHE, NEL FRATTEMPO, E’ PASSATO DA 1900 A 1935 MILIARDI;
-          MANCATO ATTACCO ALL’ABBATTIMENTO DELLA SPESA PUBBLICA CHE VOLA ABBONDANTEMENTE SOPRA GLI 800 MILIARDI ANNUI;
-          MANCATO ATTACCO ALLA QUASI TOTALE ELIMINAZIONE DELLE PROVINCE;
-          MANCATO ATTACCO ALLA RIDUZIONE DL 40% DEI PARLAMENTARI NAZIONALI;
-          MANCATO ATTACCO ALLA RIDUZIONE, PER ALMENO UN 25%, DELLE SPESE DEL QUIRINALE, DELLA CAMERA, DEL SENATO, DELLA CORTE COSTITUZIONALE, DEL CSM, DELLE REGIONI ECC.
 
 
        

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