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Spending review
Di Faust (del 04/06/2012 @ 18:48:45, in Parliamo di...)
Quando eravamo meno anglofoni si chiamava “riqualificazione della spesa pubblica”.
Il tema, dunque, non è nuovo e prende le mosse dalle tesi iperliberiste dello “Stato minimo” di Robert Nozick da sempre mal digerito.
A chi rimane in mano, il gioco del “cerino acceso” non è apprezzato; ma sulle cause che hanno determinato alcuni fenomeni occorre riflettere, se si vogliono correggere gli errori del passato.
Che lo Stato troppo minimo è un errore lo conferma quest’epoca dominata dal monarca assoluto: lo SPRED. L’auspicio per il futuro infatti è (non solo per l’Europa) una tela di accordi internazionali che scimmiotti “lo Stato regolatore” delle democrazie moderne, orientate all’economia sociale di mercato, piuttosto che verso il governo surrettizio di oligarchie fameliche, favorite da un liberismo selvaggio. 
Non possiamo però convenire con Prodi che scrive: “ la buona politica è fatta per costruire il futuro e non per dare lezioni sul passato”. Lui infatti, troppo ci rimetterebbe, in termini di responsabilità, da un “redderationem” sull’applicazione sconsiderata delle idee di Keynes.
Chi in passato –30 anni fa-  non si è contrapposto al mostro dalle mille braccia –lo Stato apparato- di gonfiarsi per simulare occupazione e fare l’imprenditore di panettoni (IRI-SME) non può defilarsi dall’analisi dei fenomeni che ci hanno ridotti in braghe di tela.
L’Italia è sempre quella di Pier Capponi , se squillano del trombe del Ministro Giarda che parla di tagli alle spese della P.A. immediatamente suonano le campane della Camusso che minaccia scioperi ad oltranza.
Il perché è nella struttura delle “COSE” ; il grosso della spesa pubblica è fatto di personale, dal che discende che i sindacati stanno all’erta pronti alle barricate. Ma ciò non vuol dire che i risparmi non si possono fare; per brevità ci limitiamo a qualche esempio:
-Riduzione dei dirigenti apicali, bloccare carriere fatte su base politica, accorpare le prefetture, trasformare comunità montane in strutture leggere di tipo associativo, mettere sul mercato le troppe municipalizzate, demanio e patrimonio da gestire in maniera redditizia, anche per ridurre i costi degli affitti pagati da Istituzioni ed Enti pubblici a vantaggio di proprietà immobiliari dei “soliti amici” in presenza di interi stabili demaniali vuoti.
Sono solo alcuni spunti ed altri se ne potrebbero aggiungere, utili a capire che la riforma degli enti locali, dopo l’istituzione delle Regioni, sono state le solite promesse da marinaio, il un mondo politico che non ha realizzato quello quanto aveva scritto nelle leggi del 1971-72 (Riforma Regionale) e nel 1990 (modifica delle legge Comunale e Provinciale).
        

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# 1
...il nome non è certo il problema, se dirlo in inglese o in italiano, ma la volontà di farlo. Gli inglesi lo hanno fatto da noi se ne parla...come sempre niente di nuovo sotto il sole
Di  pocodebono  (inviato il 07/06/2012 @ 15:29:36)

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